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antonina

COMUNE DI CONDOFURI

Tarantella, lingua grecanica e bergamotto. Sono questi i tre elementi che fanno di Condofuri uno dei centri più caratteristici della Calabria Greca.
Condofuri si compone di un territorio complesso e ricco di insediamenti diversi per storia e tradizioni: Condofuri Superiore e Marina, San Carlo, Amendolea e Gallicianò.
Condofùri (“Condochùri”) il cui asse principale è oramai orientato soprattutto sulla marina (Condofùri Marina), mantiene parte degli uffici amministrativi a Condofùri Superiore. La sua posizione storica, un tempo marginale rispetto ad Amendolèa e Gallicianò, contenuta nel toponimo (“Condo-Chùri”, “vicino al paese”) è stata ribaltata dalla tendenza generale odierna degli abitanti ad abbandonare le aree interne privilegiando i quartieri nati nella marina.
 
IL NOME
Koundouroi è citato per la prima volta in un documento catastale bizantino della metà dell’XI secolo. Il nome del centro, derivante dal greco Kontochori, significherebbe “paese basso” o “vicino al paese”, in riferimento a Bova o a Gallicianò.
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Amendolea, Barone, Carcara, Condofuri Marina, Gallicianò, Grotte, Lapsé, Limmara, Lugarà, Mangani, Muccari, Pietra, Plembaci, Rodì, Rossetta, San Carlo, Santa Lucia, Schiavo.
 
LA STORIA
Secondo la tradizione, Condofuri sarebbe stata fondata dagli abitanti di Gallicianò. A conferma di questa tesi, una relazione di Mons. Morabito, vescovo del luogo, risalente al 1754, narra che la chiesa di Condofuri non aveva un parroco perché, essendo una “non antica colonia” di Gallicianò, il villaggio ne era alle dipendenze anche per la cura delle questioni spirituali.
Gli studiosi fanno risalire le origini del borgo di Condofuri al periodo della dominazione romana.
Il villaggio di Amendolea, invece, nasce probabilmente come baluardo di confine del territorio di Locri ed è probabile che nel medioevo il villaggio ebbe una certa rilevanza commerciale e militare per la sua posizione strategica. Definitivamente abbandonata dopo il terremoto del 1908, l’Amendolea storica fu ricostruita come piccolo borgo agro-pastorale ai piedi della grande rocca sulla quale ancora oggi sono visibili i ruderi del castello Ruffo.
 
SCOPRIRE IL CENTRO STORICO
Appollaiato a 300 metri dal mare, il piccolo comune vanta una entroterra praticamente intatto, dominato dall’imponete fiumara Amendolea: l’antica autostrada verso l’Aspromonte, ancora oggi percorribile a piedi fino alle suggestive cascate Maesano. Nel borgo, abitato ancora da pochi anziani, era maestosa, la grande chiesa di San Domenico, ricca di importanti sculture lignee databili dal Sei al Novecento.
Il centro di Condofuri è davvero caratteristico, con case e strade disposte a gradinate che alternano terrazze a balconi ricchi di fiori.
Da vedere la Chiesa Parrocchiale, di antica fondazione, che conserva al suo interno numerose opere di artisti locali, il castello di Amendolea, visibile già dalla strada provinciale, che conserva i muraglioni merlati e i resti di un torrione e che secondo la leggenda era unito da una galleria segreta alla frazione di San Carlo di Condofuri.
Un’attenzione particolare merita Gallicianò, unico borgo interamente ellenofono, anche se la lingua grecanica qui utilizzata è confinata in un ambiente sempre più esclusivamente domestico. Gallicianò è nota in tutta l’area per l’alta conservatività rispetto alle tradizioni grecaniche, non solo in ambito linguistico ma anche musicale, gastronomico, rituale. Qui nel ‘99 è stata aperta la piccola chiesa ortodossa di Panaghìa tis Elladas (Madonna dei Greci). La chiesetta, di tipico impianto contadino, edificata dall’architetto Domenico Nucera (noto come Mimmolino l’Artista) ristrutturando una casa in pietra nella parte alta del paese, è aperta al culto e rappresenta la testimonianza di un rinnovato clima ecumenico e di un ritorno degli ortodossi in siti d’antichissimo culto greco.
Oggi l’asse di Condofùri è orientato soprattutto sulla marina (Condofùri Marina), anche se mantiene parte degli uffici amministrativi a Condofùri Superiore.
Condofuri Marina, e le sue spiagge, si popolano d’estate di una buona presenza di turisti. Non dimentichiamoci che l’Area Grecanica è la meta ideale per chi ama il mare e la montagna. Entrambi infatti sono raggiungibili con pochi chilometri.
 
TARANTELLA GRECANICA
Il fulcro della tarantella grecanica sta nel tamburello che in tale contesto diventa protagonista assoluto, non solo strumento di accompagnamento. Questa danza tradizionale fa parte del patrimonio grecanico e offre uno spettacolo le cui radici affondano nell’antichità.
 
INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Condofuri
INDIRIZZO: Via Croce, 1
CAP: 89030
TEL: 0965.7279211
FAX: 0965.720639
PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SITO WEB: www.comune.condofuri.rc.it

COMUNE DI CARDETO

Nella Valle del Sant’Agata, tra i boschi dell’Aspromonte, si trova il primo centro dell’Area Grecanica: Cardeto.
La valle reca lo stesso nome della fiumara che la attraversa con il suo argine destro, e pare che toponimo e idronimo siano legati alla santa siciliana che ne proteggeva gli abitanti, Santa Agata, alla quale era infatti intitolata una chiesa, poi andata distrutta.
Dalle pendici dell’Aspromonte, la fiumara Sant’Agata si snoda lungo un tracciato più o meno agile all’interno del territorio dei comuni di Reggio Calabria e Cardeto per tuffarsi nel tratto di costa marina in prossimità dell’Aeroporto dello Stretto “Tito Minniti”.
Nell’area contigua agli abitati di Cardeto, Cataforio e San Salvatore, la fiumara scende morbidamente e va via via restringendosi tra valli e terrazzamenti dedicati da tempo alla coltivazione del bergamotto, agli agrumeti, ai vigneti, ai castagneti e  alle caratteristiche nasìde, piccole isole di coltivazione contenute dalle cosiddette armacìe, i tipici “muri a secco”. Anche a difesa dei bergamotteti sono posti argini in muratura, come sono grossomodo protetti tutti i giardini di coltivazione, esito degli interventi operati sui terreni irrigui nell’Ottocento, pazientemente ripresi in seguito alla devastante alluvione del 1953.
 
IL NOME
Il nome Cardeto deriva con molta probabilità da cardo (lat. Carditum “luogo di cardi”). Il toponimo “luogo di cardi” è legato alla caratteristica presenza, in tutta l’area circostante al borgo, della pianta del cardo.
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Ambele, Calvario, Cartalimi, Castanea, Chimputo, Colachecco, Garcea, Giurricando, Iriti, Lamberta, Loddini, Mallamaci, Mannarella, Pantano, Piraino, Sant’Elia, Scala, Scranò.
 
LA STORIA
Le origini di Cardeto pare possano collocarsi nella tarda età bizantina. All’epoca, Reggio era un centro molto importante in tutta la Calabria poiché era stato elevato, sotto Basilio I, a Metropoli dei possessi bizantini dell’Italia meridionale, quindi il fulcro della Chiesa d’Oriente. Pertanto una moltitudine di monaci erano arrivati nei luoghi dell’entroterra a fondare i monasteri, attorno ai quali nascevano i centri abitati.
Certamente, Cardeto fu casale di Motta Sant’Agata fino al 1783 ed è quindi verosimile che gli stessi abitanti di Sant’Agata avessero costituito il centro in epoca precedente al secolo XI, durante le prime incursioni arabe. A difesa del centro fu edificata la Torre Saracena, i cui resti possono ancor oggi vedersi in località Serra.
La torre sarebbe pertanto servita agli agatini come faro d’avvistamento, considerata la sua posizione strategica sullo Stretto, oggi convertita in un belvedere mozzafiato. Tracce del passato bizantino si riscontrano nell’abbazia di S. Nicola di Foculica, in località Badia e nel monastero femminile di S. Maria di Mallemaci, nell’omonima località, a tre km dal borgo. Nel 1563, Cardeto fu data alle fiamme dall’inquisitore spagnolo Pietro Pansa, convinto della presenza di eretici. A detta del Barrio (1571), il centro era a quei tempi un casale “grecorum” e in effetti l’arcivescovo di Reggio Calabria, Annibale D’Afflitto, lo visitò, nel 1595, insieme al parroco del posto, il “greco” Giuseppe Bova. Ancora nel Settecento la lingua prevalente era quella greca mentre K. Witte, nel 1820, ricorda Cardeto “il primo paese da questa parte della Provincia dove si parli il greco e l’italiano”. Secondo il linguista Morosi, la conservazione fonetica di questa comunità era superiore rispetto all’idioma parlato nella Bovesia tanto che nel 1873, la definì una quinta colonia oltre a quelle di Bova, Condofuri, Roccaforte e Roghudi. Oggi la lingua greca non è più parlata ma rimane vivo un bagaglio di tradizioni musicali decisamente denso di grecismi. Il ritmo della tarantella avvolge questo borgo in più occasioni, specie durante la festa patronale di San Sebastiano, la cui chiesa è collocata fuori del centro storico, forse perché costruita nei pressi di un antico lazzaretto. Nella liturgia bizantina il santo era infatti considerato protettore degli appestati. Di origine bizantino è anche il culto dei santi medici Cosma e Damiano, di cui Cardeto conserva una pregevole tela, realizzata nel 1771 da un artista pugliese, che ritrae i due gemelli mentre curano gli ammalati al cospetto della Madonna degli Afflitti.
 
PERSONAGGI ILLUSTRI
Una delle più belle descrizioni di Cardeto è quella scritta dal Cardinale Luigi Tripepi.
 
SCOPRIRE IL CENTRO STORICO
A testimonianza dell’intensa vita religiosa di questi luoghi rimane il Santuario di Santa Maria Assunta di Mallemace, nell’omonima contrada, nel sito in cui anticamente era ubicato il monastero femminile di Sant’Andrea. La professione del rito greco è testimoniata a Cardeto fino al 1700, e così pure l’ellenofonia, come attestato dal Rodotà  e dal Pacichelli. Inoltre, il Witte nel 1821 e il Libetta nel 1845 confermano l’utilizzo da parte della popolazione del codice linguistico greco, frammisto ai termini dell’idioma dialettale calabrese.
Attualmente l’ellenofonia risulta estinta, ma fino al secolo XIX  la  lingua e la liturgia greca erano alquanto fervide.
Da non perdere le processioni legate al culto di Santa Maria Assunta di Mallemace: “a calata” il 13 agosto dal santuario fino a Cardeto; “u giru” il 15 agosto per le vie del centro storico di Cardeto; “a nchianata” prima domenica di ottobre in cui l’Assunta fa ritorno al Santuario.
 
GASTRONOMIA
L’economia attuale del paese è prevalentemente fondata sull’agricoltura e sull’allevamento. In particolare si producono ottimi salumi e formaggi molto apprezzati in tutto il territorio reggino.
Nell’ultima settimana del mese di Ottobre, poi, si svolge la sagra della castagna e il borgo aspromontano si riempie di centinaia di persone che arrivano da Reggio e da tutti i paesi della provincia reggina. È questo uno dei tanti momenti in cui Cardeto esprime la sua forte vocazione musicale accompagnando la degustazione delle caldarroste e delle castagne bollite con il ritmo della storica tarantella e degli antichi canti.
Vengono inoltre allestiti diversi stand che espongono i prodotti tipici locali, vari oggetti ed alcuni dei preziosi costumi d’epoca di Cardeto.
 
INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Cardeto
INDIRIZZO: Via Milite Ignoto, 67
CAP: 89060
TEL: 0965.343012
FAX: 0965.343360
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SITO WEB: www.comune.cardeto.rc.it

COMUNE DI BRANCALEONE

“Costa dei gelsomini”, “Costa delle Tartarughe Caretta Caretta”, è anche così che viene definita Brancaleone e in generale la fascia jonica della provincia di Reggio Calabria.
È proprio nella cittadina di Brancaleone che la pianta di gelsomino venne importata dalla Liguria, intorno al 1928. La sua coltivazione, introdotta in Europa nel XVI secolo, vanta una storia antichissima, che risale a molti secoli prima di Cristo, quando i suoi fiori servivano a celebrare i riti sacri in India e nel Nepal. Giunta in territorio grecanico, grazie alla bonifica cui provvide la Stazione Sperimentale delle Essenze di Reggio Calabria, diede luogo alla realizzazione di importanti impianti di coltivazione, che alimentarono un’industria profumiera alquanto redditizia, oltre a marcare specificamente l’area, assieme alla coltivazione del prezioso oro verde, il bergamotto.
Ma Brancaleone è nota anche per essere la “culla” di un importante progetto che mira alla salvaguardia di una delle specie più minacciate del Mediterraneo, la Tartaruga Caretta Caretta. È qui in infatti che ha sede il Centro Recupero Tartarughe Marine che svolge un’importante attività di recupero e cura di questa specie. Le spiagge grecaniche sono la principale area di nidificazione di tutto il Mediterraneo di questa specie ospitando difatti ben il 70% dei nidi registrati in Italia. Grazie al progetto “Tarta Care” portato avanti dallo staff di ricercatori dell’Università della Calabria, dal 2000 questa specie è sottoposta a monitoraggio e tutela e sono venuti alla luce sulla costa jonica più di 10.000 piccoli di tartaruga.
 
IL NOME
Il paese era chiamato in passato Sperlonga o Sperlinga. Questa denominazione fu poi sostituita con Mottaleonis, composto da motta (rialzo) e leone, probabilmente con senso metaforico. Il nome attuale pare si riferisca al latino branca (in riferimento alla forma di zampa di leone).
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Brancaleone Marina, Capo Spartivento, Galati, Fiumarella, Pantano Grande, Pressocito, Razzà.
 
LA STORIA
Brancaleone Marina, oggi sede di un centro di recupero delle tartarughe Caretta Caretta, tiene vivo il ricordo di Cesare Pavese che fu qui confinato dai fascisti, tra il 1935 e il 1936. La storia di Brancaleone è legata al borgo abbandonato che sta alle sue spalle, chiamato appunto Brancaleone vecchio.
Aggrappato ad costone alto poco meno di 300 metri si erge Brancaleone vecchio, anticamente chiamato Sperlinga, dal greco Spèlugx, ovvero caverna. Questo centro sorse su un vasto complesso di ambienti rupestri, utilizzati da eremiti tra l’VIII e il X sec. d.C., come luoghi di meditazione. Recenti scavi archeologici, sul fianco orientale dell’antica chiesa dell’Addolorata, hanno evidenziato come parte di essi furono trasformati in silos per derrate alimentari, indispensabili alla vita di un piccolo borgo, fortificato forse nella tarda età bizantina. Il punto più alto della rocca ospitò una fortezza, documentata tra le proprietà dei Ruffo nel Trecento, quando il sito iniziò a prendere il nome di Motta Leonis. Nel 1489 l’edificio risulta nell’elenco dei castelli che gli Aragonesi ritenevano dover ampliare, per meglio potenziare le difese del Regno. Infeudata nel 1515 dagli Ayerbo d’Aragona, Brancaleone passò nel 1571 agli Spatafora da cui pervenne ai Carafa fino al 1806. Il borgo si articolata in due nuclei: il primo è disposto in prossimità del sito dell’antica Chiesa Matrice dell’Addolorata, di cui rimane esclusivamente il piano di calpestio, il secondo si estende più a sud, alle spalle della Chiesa Arcipretale dell’Annunziata, costruita nel Seicento su terrazzamento pianeggiante, all’ingresso del paese, forse sui resti del monastero di Cappuccini. Nei pressi della chiesa dell’Addolorata, adiacente il piazzale oggetto di un recente scavo archeologico, sopravvive una chiesa rupestre, ricavata nel tufo, con al centro una colonna scolpita nella roccia. Accanto all’ingresso, resiste un altare, su cui è inciso il simbolo della croce affiancato da un uccello orante, probabilmente una colomba o un pavone. Sul versante occidentale del borgo si trova invece un’altra grotta, decorata in età Moderna con una scena di angeli al cospetto della Vergine.
 
PERSONAGGI ILLUSTRI
A Brancaleone è ancora possibile scorgere la casa dell’esilio di Cesare Pavese. Lo scrittore e intellettuale venne confinato qui dal regime per sospetta attività anti-fascista, dal 1935 al 1936; Qui scrisse il diario “Il mestiere di Vivere” e il primo romanzo “Il Carcere”. Lontano dalla sua Torino, Pavese amava e disprezzava ad un tempo quella terra e quella gente che lo ospitavano e scriverà in una lettera alla sorella: “questa gente è di un tatto e di una cortesia che hanno una sola spiegazione: qui una volta la civiltà era greca”.
 
SCOPRIRE LA CITTADINA
Brancaleone Superore è un piccolo e pittoresco borgo, d’obbligo quindi una visita al paese vecchio, dove si può fare un giro tra le case abbandonate godendo di un panorama suggestivo. Da visitare anche le spiagge di Brancaleone Marina e il Centro di recupero delle Tartarughe Marine Caretta Caretta.

INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Brancaleone
INDIRIZZO: Piazza Regina Margherita
CAP: 89036
TEL: 0964.933008
FAX: 0964.934760
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SITO WEB: www.comune.brancaleone.rc.it

COMUNE DI BOVA MARINA

Compreso tra Capo Crisafi,  il San Giovanni d’Avalos e l’Amendolea, Bova Marina nasce in tempi relativamente recenti staccandosi dalla più interna Bova.
L’antico scalo di Bova, detto in greco Yalo tu Vùa, Marina di Bova, crebbe come entità urbana a sé stante alla fine dell’Ottocento sulla baia di Capo San Giovanni D’Avalos, il più elegante promontorio dello Jonio.
Il borgo di Bova Marina sorse infatti alla fine dell’Ottocento per volere del vescovo di Bova Mons. Dalmazio D’Andrea, il quale comperò una grande vastità di terreni, lungo gli argini del torrente Sideroni per donarli ai più poveri. Ne commemora il ricorda la lapide affissa sulla facciata della chiesa dell’Immacolata di Bova Marina, fondata dallo stesso vescovo. Bova Marina crebbe quindi in concomitanza all’urbanizzazione della costa jonica, determinata da una serie di fattori vantaggiosi, come ad esempio la costruzione della ferrovia, della statale 106 e dalla crescente redditività derivante dalle colture nelle pianure alluvionali, progressivamente bonificate e non più preda delle invasioni turchesche che minacciarono i litorali fino ai primi ai del XIX secolo. Ancora nel Settecento l’attuale piana dove in seguito crebbe la cittadina costiera era chiamata semplicemente pianura piccola, per distinguerla dalla grande valle di San Pasquale che invece veniva chiamata pianura grande. Il piccolo borgo di pescatori divenne nel 1910 un comune a se stante, progressivamente abitato dai cittadini di Bova, i quali trovarono sempre più vantaggioso vivere dei proventi della coltivazione dei bergamotteti e in seguito anche dai gelsomini.
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Amygdalià, Apàmbelo, Borgo, Centro, Costa dei Saraceni, Fondo Vena, Mesofugna, San Pasquale.
 
LA STORIA
Jalò tu Vùa è un territorio ricco di storia e anche uno dei più preziosi siti archeologici della Bovesìa. Vanta infatti uno straordinario prestigio grazie ai ritrovamenti di carattere archeologico venuti alla luce in località Deri, nella vallata del San Pasquale, dopo le ricognizioni effettuate da Liliana Costamagna tra il 1983 e il 1987. Il sito, oltre a recare tracce di un insediamento del periodo protostorico, databile al X sec. a.C., conserva i ruderi di una villa romana, di un acquedotto e di alcune tombe, e il basamento di una struttura databile al IV sec. d.C., identificata come sinagoga soprattutto per la presenza di un pavimento musivo recante simboli della tradizione iconografica ebraica, la menorah, lo shoffar, il cedro e la foglia di palma. Essa sarebbe la più antica in Occidente dopo quella di Ostia Antica.
La sinagoga sorgeva in una località interessata da altre strutture, e si ipotizza pertanto l’esistenza di un piccolo villaggio in prossimità della zona costiera, che anticamente collegava Reggio con le altre località del litorale jonico.
Tale sito è identificabile con l’antica Scyle, indicata, con diverse varianti, negli antichi Itineraria; ciò sarebbe confermato dalla presenza del toponimo Scillàca in contrada Deri.
Numerosi sono gli insediamenti preistorici ritrovati (circa 70) attorno al centro di Bova Marina, in particolare del neolitico, dell’età del rame e del bronzo. Il più antico, in località Umbro, a 200 m di altezza slm nei pressi del nuovo asse viario che congiunge Bova Marina a Bova, fu abitato inizialmente dalla prima metà del VI millennio a.C. fino al 4000 a.C., e in seguito durante l’età del Rame. Tra i ritrovamenti più caratteristici sono da segnalare una deposizione rituale di contenitori ceramici, forse da collegarsi all’abbandono del sito, e probabili strutture abitative risalenti al VI millennio a.C. Gli scavi, inoltre, hanno restituito tipici campioni di cultura materiale neolitica: ceramiche decorate a impressione, utensili in pietra scheggiata, asce in pietra, strumenti litici di ossidiana e selce, recipienti non decorati e vasi decorati.
 
SCOPRIRE LA CITTADINA
Bova Marina offre al turista interessato a conoscere gli aspetti culturali più antichi dei luoghi, l’importante itinerario del Parco archeologico Archeoderi, in contrada San Pasquale, dove è possibile visitare tutta l’area attorno alla sinagoga e, all’interno dell’Antiquarium, diversi reperti appartenenti all’età neolitica, del bronzo, magnogreca e bizantina, oltre al prezioso mosaico ebraico.
Inoltre, risalendo la vallata si possono visitare i ruderi della chiesetta bizantina della Panaghìa, uno degli innumerevoli luoghi dell’itinerario di culto dei santi italogreci d’età bizantina, che ricorda nella sua struttura circolare il battistero di Santa Severina e la Cattolica di Stilo.
Ed ancora, a testimoniare il culto bizantino, si può visitare, in località Apambelo su una piccola collinetta che si alza tra gli uliveti e le distese di ginestra, i ruderi di un altro tesoro bizantino, la chiesetta di San Niceto databile al X secolo.
A Bova Marina ha la propria sede l’I.R.S.S.E.C. (Istituto Regionale Superiore Studi Elleno Calabri) al cui interno si può oggi ripercorrere, dopo una recente inaugurazione, l’itinerario delle tradizioni artigianali visitando il Museo della Civiltà Contadina, che arricchisce quindi l’offerta culturale della cittadina.
Operano inoltre, a tutela della lingua e della cultura dei Greci di Calabria, due delle principali associazioni del territorio, Odisseas e Jalò tu Vùa.
Molto suggestivo il sito di Capo San Giovanni d’Avalos  o “Ten arcan tou Boòs”, la punta di Bova, come indica un documento bizantino dell’XI secolo. Sulla cresta dell’elegante promontorio, dedicato dai greci ad Ercole si trovano oggi monumenti simbolo della storia di questa costa grecanica: una torre cavallara del Cinquecento, una chiesetta settecentesca, voluta da una famiglia di nobili benefattori, i Marzano, e una massiccia statua in bronzo della Madonna del Mare, portata qui in elicottero nel 1962. La devozione alla Vergine, celebrata la prima settimana di Agosto, con una suggestiva processione sul mare, si lega alla presenza della chiesa intitolata alla Madonna del Porto Salvo, rimasta in piedi alla base del promontorio fino a quando, alla fine del Seicento, una violenta mareggiata ne cancellò il ricordo. La dedica alla Madonna del Porto Salvo è da connettere al ruolo di scalo sottovento che da secoli ha caratterizzato Capo San Giovanni d’Avalos. La stessa statio di Skile identificata in località San Pasquale, così come i resti archeologici scoperti nell’area di Tripepi, nella periferia orientale di Bova Marina, erano infatti connessi anche alla presenza di uno scalo commerciale marittimo, altre che alla presenza delle fiumare del Sideroni e del San Pasquale.
 
INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Bova Marina
INDIRIZZO: Piazza Municipio
CAP: 89035
TEL: 0965.760600
FAX: 0965.761324
PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SITO WEB: www.comune.bovamarina.rc.it
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