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antonina

COMUNE DI STAITI

Adagiato sul crinale della rocca Giambatore alle estreme pendici meridionali del Parco Nazionale d’Aspromonte, Staiti si affaccia sulla grande vallata della Fiumara Bruzzano.
È incerta la data di fondazione dell’abitato, ma verosimilmente nacque intorno al secolo XVI come casale di Brancaleone, all’epoca dominato da Geronimo Ruffo.
Prende  il nome dalla casata degli Stayti, unita agli Ajerbe d’Aragona attraverso il matrimonio di Andrea Stayti Spatafora con Ippolita d’Ajerbe.
Dagli Stayti il feudo passò ai principi Carafa di Roccella jonica, che ne mantennero fino all’abolizione del feudalesimo.
Le notizie storiche su Staiti sono frammentarie e non documentate, tanto che risulta difficile stabilire una precisa data di origine dell’insediamento. Sicuramente si tratta di un borgo ad economia agricola e pastorale con una non irrilevante importanza nelle antiche vie di comunicazione attraverso l’Aspromonte verso la Jonica.
Fu, difatti, tappa del famoso viaggio a piedi dello scrittore Edward Lear, il viaggiatore inglese che frequentò e descrisse questi luoghi nell’800.
La Chiesa Santa Maria de’ Tridetti è l’unica costruzione rimasta dell’antico monastero basiliano-normanno di S. Maria de’ Tridetti, risalente all’XI secolo, che sorgeva nei pressi del torrente Fiumarello.
 
IL NOME
Staiti prende il nome dalla sua fondatrice, Ippolita Stayti.
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Badia, Farcò, Tridetti.
 
LA STORIA
Le origini di Staiti sono molto antiche e studi recenti hanno confermato che i primi abitanti della zona furono un gruppo di pastori.
Inizialmente sorto come casale intorno al 1500, ad opera di pastori e contadini, fu “battezzato” da Eleonora Stayti che gli diede il nome e lo stemma del suo casato. Contrariamente alle precarie condizioni economiche di quasi tutti i Comuni del Regno di Napoli, nel XVII secolo Staiti poteva vantare una florida economia. Il paese si trova a 12 Km dalla costa, protetto da una sorta di barriera naturale, costituita da roccia viva, nota come a praca (roccia levigata) che lo rendeva quasi irraggiungibile dai pirati.
Nel 1811, il commissario ripartitore, con un’ordinanza scioglieva il paese dalla promiscuità, per condominio da Brancaleone. Cinque anni più tardi Staiti acquisiva l’autonomia e veniva elevato a capoluogo di mandamento dei comuni di Brancaleone, Bruzzano, Ferruzzano e Palizzi.
 
SCOPRIRE IL CENTRO STORICO
Alla famiglia Stayti si deve la chiesa di Santa Maria della Vittoria, costruita tra il 1622 e il 1633 per commemorare la vittoria riportata a Lepanto dalle armate cristiane sui turchi, il 7 Ottobre del 1571. Come indica l’iscrizione sulla facciata, l’edificio fu restaurato al tempo del vescovo di Bova, Marcantonio Contestabile (1669-1699), periodo in cui fu innalzato il campanile cuspidato, munito più tardi di un orologio a pesi. All’interno, nella prima nicchia della navata sinistra, si conserva la statua in marmo del 1622 della Madonna con il Bambino mentre sulla navata destra si stagliano due altari barocchi dedicati ai Santi Vincenzo e Antonio, quest’ultimo voluto nel 1704 dal rettore della chiesa, Franco Catroppa, e in origine intitolato a San Biagio. Risalente al 1711 è la lapide sepolcrale degli arcipreti Leocani e Carneri, mentre poco più tarda è l’acquasantiera, commissionata dall’arciprete, Laurentius Misitano.
Appollaiato a 13 km dallo Jonio, sul fianco della rocca Giambatore, Staiti, presenta il consueto impianto medievale, caratterizzato da piccole case basse, intervallate da archi e piccole viuzze. Una di queste, detta la circonvallazione, conduce ad un’antica fontana, decorata con una maschera apotropaica. Ai piedi del paese sorge la chiesa di Sant’Anna, restaurata nel 1950 per volontà di don Amedeo Gavioli, a cui si deve l’inserimento del rosone. Alla Madre della Madonna è dedicata la festa patronale che si svolge dal 24 al 26 Luglio, durante la quale viene portata in processione la scultura lignea di Sant’Anna (XIX sec.), la cui corona fu donata da Fortunato Patti (+1882), con il ricavato della vendita di una “paricchia di vacche”.
Sulla strada per giungere a Staiti, adagiata nel fondovalle, in contrada Badia, s’innalza l’antica abbazia di età normanna di Santa Maria de’ Tridetti: il monumento più rappresentativo dell’influenza bizantina nell’Area Grecanica.
 
GASTRONOMIA
I piatti tipici della zona sono molto gustosi; tra loro ricordiamo i “maccarruni i casa” lavorati con i “cannici”, arbusti della zona con cui si arrotola la sfoglia, conditi con il ragù, ottenuto con una lenta cottura della carne di capra; la “capra alla pecurarisca”, la cui cottura avviene con la guarnizione di vari aromi; e infine gli ottimi formaggi e i salumi quali i capicolli, le soppressate e le salsicce affumicate.
 
LA FESTA DI S. ANNA
La festa di Sant’Anna, che si celebra ogni anno nel mese di luglio, è il momento culminante della vita religiosa e civile della comunità di Staiti. Per l’occasione tornano anche gli emigrati e i fedeli dei paesi vicini che rendono il paese vivace e festoso. Il suono dei tamburi scandisce i giorni della Novena.
Il simulacro della Santa viene trasportato in processione fino alla chiesa parrocchiale in Piazza Santa Maria della Vittoria. La festa è accompagnata da fuochi pirotecnici, dalla locale Banda Musicale e dal ballo du sceccu, un rito che rimanda ad antiche credenze popolari.

 
INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Staiti
INDIRIZZO: Piazza Municipio, 2
CAP: 89030
TEL: 0964.941164
FAX: 0964.941839
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PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SITO WEB: www.comune.staiti.rc.it

COMUNE DI SAN LORENZO

San Lorenzo si presenta subito con la bella piazza, dove recitano un ruolo importante la Chiesa madre, di stile rinascimentale, ed un gigantesco olmo.
Fanno parte del territorio di San Lorenzo la frazione Marina, che col passare del tempo ha assunto un ruolo sempre più importante dovuto all’abbandono dell’entroterra, la frazione di Chorio e quella di San Pantaleone.
Da Melito di Porto Salvo si segue verso nord la Statale 183, che risale la fiumara di Mélito. Oltrepassato il paese di Chorio di San Lorenzo si arriva alle case di San Fantino. Poco oltre, in un allargamento della valle si scorge di fronte la dorsale del Monte S. Angelo che separa le valli di Pristeo e della fiumara di Mélito; dopo aver toccato l’abitato di Lànzena, si incontra una strada per Roccaforte del Greco e Roghudi. La via attraversa la fiumara di Mélito e con frequenti curve e bella vista sulla Valle del Tuccio, sale a San Lorenzo a 787 m s.l.m., in bella posizione sul crinale tra le fiumare di Mélito e di Amendolea. È centro agricolo e turistico con varie attività artigianali, di antica origine (se ne ha notizia dall’epoca angioina). Entrando nell’abitato s’incontra, nella piazza principale, la parrocchiale di S. Lorenzo, preceduta da un olmo gigantesco.
 
IL NOME
Il nome San Lorenzo è legato al culto per il santo patrono del Paese.
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Cappella Vecchia, Chorio, Contrada Croce, Gomeno, Lànzina o Lànzena, Marina di San Lorenzo, Mulino di Luciano, San Fantino, San Pantaleone, Santa Maria.
 
LA STORIA
San Lorenzo è un paese dal grande passato. Sede di pretura fino alla prima metà del ‘900, è oggi poco abitato, ma nel corso dei secoli ha rivestito un’importanza rilevante nel comprensorio. Era infatti il centro più importante tra Reggio Calabria e Locri; ebbe un ruolo decisivo per lo sbarco di Garibaldi a Melito Porto Salvo. Alberto Mario, uno dei 250 garibaldini che, sbarcati a Scilla, dopo aver fallito il tentativo di conquistare il vicino forte di Altafiumara furono inseguiti dai borbonici per l’Aspromonte, fu cronista dell’impresa dei Mille e nel libro di memorie “La Camicia Rossa”, edito in inglese nel 1865 e in italiano nel 1870, con dovizia di particolari descrive come il popolo di San Lorenzo, con eroica determinazione accolse i fuggiaschi garibaldini, braccati sull’Aspromonte, disperati e affamati.
 
SCOPRIRE IL CENTRO STORICO
Per raggiungere San Lorenzo si passa innanzi il santuario della Madonna della Cappella, custode di una rarissima icona, di notevoli dimensioni, risalente con molta probabilità al XII secolo. La tavola fu però ridipinta agli inizi del Cinquecento in stile neo bizantino, circostanza che dimostra come ancora in età Moderna vi erano nell’area artisti e committenze capaci di realizzare e leggere icone “alla greca”. La Madonna con il Bambino, raffigurato mentre sostiene in mano un’arancia, denuncia infatti linguaggi di scuola cretese nei volti, caratterizzati da nasi adunchi e fisionomie bloccate che emergono da un coronamento prospettico d’impronta occidentale.
Particolare è infatti lo sfondo della tavola, risolto con una tendina ondeggiante che, per nascondere la nicchia, asseconda la forza traente degli anelli collegati all’asta orizzontale di ferro.
Questa icona, dipinta sul retro tra il Sei e il Settecento con una scena di angeli reggenti una corona, lascia ogni ultima domenica di Luglio la sua casa per guidare un corteo processionale che la porterà alla chiesa di Santa Maria ad Nives, nel cuore del borgo, al cospetto della bellissima statua tardo cinquecentesca della Madonna della Neve. I fedeli di San Lorenzo riaccompagneranno l’icona nella sua chiesa il 12 di Agosto, abbandonano per un giorno il secolare olmo che ombreggia la piazza, lo stesso che ospitò, sotto la sua chioma, le 200 camicie rosse rifugiatisi tra i monti, dopo il fallito sbarco di Garibaldi in Calabria del 9 Agosto 1860. Spettò infatti ai laurentini, guidati dal sindaco Bruno Rossi, evitare un’altra Sapri quando, dieci giorni dopo, l’Eroe dei due Mondi riuscì a mettere piede sulla costa di Melito.
 
IL GRANDE OLMO
Il simbolo di San Lorenzo è un grande olmo. La leggenda vuole che quest’albero sia stato piantato dal nobile Ludovico Abenavoli, uno dei partecipanti alla celebre disfida di Barletta, proprio al suo ritorno dalla stessa. Si tratta di un albero che per gli esperti costituisce una rarità dal punto di vista botanico, tant’è che non si conoscono esemplari ad esso paragonabili in tutto il Meridione.
 
 
INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di San Lorenzo
INDIRIZZO: Piazza Bruno Rossi, 1
CAP: 89069
TEL: 0965.721395
FAX: 0965.721023
PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SITO WEB: www.sanlorenzo.asmenet.it

COMUNE DI ROGHUDI

Il toponimo viene forse dal greco antico “Rochùdios”, dirupo. In epoche remote il paese storico fu senz’altro un insediamento ad economia pastorale.
La vecchia Roghudi sorge al centro del letto della grande fiumara Amendolea, a circa 500 metri sul livello del mare. In seguito alle alluvioni dei primi anni ’70 fu decretato il trasferimento dell’abitato nell’attuale nuovo sito, un’isola amministrativa all’interno del territorio del comune di Melito Porto Salvo.
Il nuovo centro abitativo, assolutamente privo di caratteristiche significative architettoniche, ancora oggi manca di alcuni servizi primari per la popolazione.
Nel territorio di Roghudi rientra la frazione di Chorio, sempre viva, ubicata in una zona riparata. Vi abitano intagliatori e tessitrici di ginestra, che ripetono gli antichi motivi ornamentali della tradizione greco-latina. La qualità del formaggio locale (i cui stampi sono realizzati dagli intagliatori, insieme ad una miriade di altri oggetti caratteristici) è pregiata: si tratta di un prodotto molto ricercato dagli abitanti dei paesi limitrofi.
L’economia di questo centro è agricola, con una buona produzione di grano e olive.
 
IL NOME
Deriva dal greco rhogodes (pieno di crepacci) o da rhekhodes (aspro).
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Chorio e Roghudi Vecchio.
 
LA STORIA
La caratteristica principale del comune di Roghudi, unico caso in Italia con Sinnai (CA), è quella di essere suddiviso in due differenti porzioni non confinanti e poste a grande distanza l’una dall’altra (circa 40 km). La prima di esse si trova nelle vicinanze di Melito di Porto Salvo, del cui territorio comunale costituisce un’enclave contenente l’attuale sede comunale e l’abitato di Roghudi Nuovo, mentre la seconda è posta all’interno, sulle pendici meridionali dell’Aspromonte dove si trova l’abitato oramai abbandonato di Roghudi Vecchio.
Nel 1971 e nel 1973, in seguito a due fortissime alluvioni, l’abitato di Roghudi Vecchio, fino ad allora sede comunale, fu dichiarato totalmente inagibile. Si decise per questo di trasferire gli abitanti nonché la sede comunale, in un abitato di nuova fondazione che venne edificato in prossimità della costa jonica.
Questo scacchiere di case costruito negli anni ‘80 lungo la statale 106, in prossimità di Melito di Porto Salvo, ospita gli alluvionati di un borgo ben più fascinoso, posto sulle pendici meridionali dell’Aspromonte, lungo la fiumara dell’Amendolea: Roghudi. L’appellativo di Nuovo, connota, infatti, la fondazione recente, in contrapposizione al termine Vecchio, attribuito dal 1972 al centro storico originario, ormai abbandonato e divenuto metafora della condizione in cui versano molti borghi interni dell’Area Grecanica. Tuttavia nel nuovo paese è possibile trovare ancora oggi molti parlanti l’antico idioma greco, detentori di un bagaglio di tradizioni che prendono forma nell’intimità dell’ambiente casalingo e in occasione delle ricorrenze religiose.
 
SCOPRIRE ROGHUDI
Da non perdere l’escursione della vecchia Roghudi, con i resti di antichi luoghi, situata su di uno sperone roccioso.
A 1 Km da Roghudi Vecchio, sorge la frazione di Ghorio di Roghudi, dove risiede una comunità greca di notevole importanza, abitata da intagliatori e tessitrici di ginestra, che nei loro lavori ricreano le decorazioni ornamentali secondo la tradizione greco – latina.
 
LA LEGGENDA DE "LA ROCCA TU DRAGU"
Si tratta di una grossa pietra, ubicata nel territorio di Ghorio, con delle groppe rocciose che, secondo la leggenda, serviva al nutrimento di un mostro custode di un tesoro. Gli abitanti credevano che chi osasse avvicinarsi alla rocca, sarebbe stato travolto da una violenta folata di vento e scaraventato giù nelle acque del torrente.

 
INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Roghudi
INDIRIZZO: Via Roma
CAP: 89060
TEL: 0965.789140
FAX: 0965.771327
PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SITO WEB: www.comunediroghudi.it

COMUNE DI ROCCAFORTE DEL GRECO

Detta in greco Vunì, ovvero monte o montagna, Roccaforte del Greco, si adagia su un’altura scoscesa che regala una panoramica a 360° su tutta l’Area Ellenofona. Il villaggio sorse nell’orbita del monastero di Santissima Trinità, il più interno avamposto bizantino, nei pressi di punta d’Atò, in greco vetta dell’aquila. Nella chiesa del paese, dedicata a San Rocco, si conserva la statua della Madonna con Bambino, realizzata dopo la latinizzazione della diocesi di Bova, quando, con il diffondersi della peste del 1577, il culto del pellegrino francese soppiantò quello più antico di San Sebastiano, invocato dai bizantini contro questo grande flagello del Medioevo. Maestosa ed imponente la chiesa della Spirito Santo, edificio di gusto neoclassico, costruito nel 1930, sul versante occidentale del paese, urbanizzato a seguito del terremoto del 1908. Dell’antico borgo di Roccaforte, nato sui resti di insediamenti preistorici, rimangono i ruderi di piccole case rurali e una interessante toponomastica che ricorda suggestivi siti difensivi, come ad esempio la zona castello, posta nel punto più alto del borgo. Da escludere tuttavia che si trattasse di una vera e propria fortezza militare.
 
IL NOME
La prima parte del nome, evidentemente composto da “rocca” e dall’aggettivo “forte”, vede aggiungersi nel 1864 la specifica che lo connota e identifica con la parlata del luogo (greca).
Fino al regio decreto dell’8 maggio 1864 il paese è stato infatti menzionato semplicemente come Roccaforte. Gli abitanti lo chiamano Vunì, che corrisponde al neo-greco Bouv’ (monte).
 
FRAZIONI E LOCALITÀ
Chorio di Roccaforte, Cuvolo, Santa Trada.
 
LA STORIA
Le origini di Roccaforte del Greco, si perdono nell’antichità, ma certamente risalgono al periodo della Magna Grecia, quando un gruppo di coloni provenienti appunto dalla Grecia del periodo dorico, fondarono la città.
Non vi sono quindi notizie storiche su Roccaforte fino agli inizi del XVI secolo, epoca in cui, assieme a Gallicianò e Roghudi, è menzionata dal Barrio, dal Fiore e dal Marafioti.
Fu casale di Amendolea, e quindi posta sotto il dominio di tale famiglia fino al 1400. Successivamente fu infeudata ai Malda de Cardona, agli Abenavoli del Franco, ai Martirano, ai De Mendoza, fino agli ultimi feudatari, i Ruffo di Bagnara, che la dominarono fino al 1806.
Conosciuta anticamente come Vunì, venne indicata come La Rocca nel periodo in cui era pagus di Amendolea. Fino al regio decreto del 1864 la cittadina era menzionata semplicemente come Roccaforte; con tale documento venne aggiunta la specifica “del Greco”.
Tra il IX e l’XI secolo il territorio dell’attuale comune ricadeva nel dominio di Bova. Anche Roccaforte fu un’importante luogo di insediamenti cenobitici, tra i quali sono da ricordare il monastero di Aghia Triada, la SS.ma Trinità, databile tra il 1300 e il 1400, luogo di culto fino al passaggio al rito latino nel XVI sec., e l’abbazia di San Nicola, databile agli inizi del 1600.
Anche Roccaforte fu fortemente colpita dal terremoto del 1783.
Il santo protettore di Roccaforte è San Rocco, e la sua festa ricorre il 16 di agosto, quando i fedeli portano la statua del Santo dalla omonima chiesa a quella, magnifica, dello Spirito Santo, edificata nel 1930.
 
PERSONAGGI ILLUSTRI
Nella primavera del 1873 il glottologo Giuseppe Morosi in una rapida escursione visitò i paesi della Calabria greca. A Roccaforte fu accolto dal Sindaco Antonino Sgrò e dal maestro elementare Giuseppe Cento i quali agevolarono lo studioso nella ricerca relativa alle origini delle colonie neo elleniche e alla questione linguistica. Nella sua opera Dialetto romaico di Bova collocò l’origine di Roccaforte nel periodo che va dalla metà del IX secolo alla metà del XI poiché in questo periodo le scorrerie dei saraceni costrinsero gli abitanti a rifugiarsi “in vetta a colli elevati e di malagevole accesso o in fondo a valloni remoti e quasi tagliati fuori da ogni commercio umano”.
A partire dal 1883, Ettore Capialbi e Luigi Bruzzano studiosi delle tradizioni popolari calabresi, entrambi di Monteleone, (l’odierna Vibo Valentia) iniziarono a pubblicare sulla quarta pagina dell’Avvenire Vibonese “i racconti greci di Roccaforte” frutto di una ricerca condotta tra i contadini di Roccaforte. Pubblicarono ben 43 novelle e 15 canti.
Il glottologo tedesco Rolhfs, professore all’Università di Tubinda, che soggiornò a Roccaforte in diversi momenti tra gli anni venti e gli anni sessanta sostenne invece che le origini di Roccaforte risalgono al periodo della Magna Grecia.
Nel 1956 Italo Calvino pubblicò il libro “Le fiabe italiane raccolte dalla tradizione popolare durante gli ultimi cento anni e trascritte in lingua dai vari dialetti”. Tra queste fiabe vi troviamo La vedova e il brigante e Il granchio dalle uova d’oro, novelline greche di Roccaforte pubblicate per la prima volta dal Prof. Luigi Bruzzano sul periodico “La Calabria” rispettivamente negli anni 1894 e 1897.
Giuseppe Rossi-Taibbi e Girolamo Caracausi profondi conoscitori delle questioni linguistiche meridionali nel gennaio del 1958 visitarono Roccaforte dove vennero accolti con squisita gentilezza dal Sindaco Alberto Sergi. Nel 1959 pubblicarono i testi neogreci di Calabria.
 
SCOPRIRE IL CENTRO STORICO
Posizionato su tre costoni rocciosi, il borgo domina la vallata dell’Amendolea. La parte vecchia ospita il Municipio, proprio dove secondo la memoria popolare sorgeva, a ridosso del precipizio, il castello poi franato. Fanno da corona il rione Castello, il rione Borgo e il rione San Carlo, quest’ultimo ormai quasi disabitato.
Caratteristiche sono le piccole case e le stradine in pietra. Camminando nel centro storico, è ancora possibile vedere qualche tratto delle mura che cingevano il paese.
Da qui molti sono i punti panoramici da cui godere un’ottima vista (nelle giornate terse si possono scorgere anche la Sicilia e la cima dell’Etna).
Da vedere senza dubbio la maestosa Chiesa dello Spirito Santo, un edificio di gusto neoclassico, costruito nel 1930. Sulla facciata con timpano, si notano una serie di lesene, su alto basamento, dotate di capitello composito. Il portale rettangolare ha un timpano a lunetta spezzato, sormontato da una monofora con arco a tutto sesto su cui spicca lo stemma. Monofore dello stesso tipo, arricchite da timpani triangolari, si ritrovano sulla parte bassa. In alto e sulle facciate laterali, si aprono invece delle fessure rettangolari, mentre sulla parte posteriore si erge un campanile. L’interno, a navata unica, è decorato da una serie di colonne in marmo rosso, dotate di capitello. La parete dell’abside, su cui spicca un crocifisso, è caratterizzata da una balaustra e da tre finestre ad arco con vetri colorati.
Per maggiori informazioni storico-culturali su Roccaforte del Greco consigliamo di visitare il sito http://www.roccafortedelgreco.net/

INFORMAZIONI
COMUNE: Comune di Roccaforte del Greco
INDIRIZZO: Piazza Sgrò, 1
CAP: 89060
TEL: 0965.722912
FAX: 0965.722812
PEC: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
SITO WEB: www.comune.roccafortedelgreco.rc.it

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